Loading...

Antologia 2014  1946

Imer Guala

Foto Nedi Bardone 1975



English version

Si è soliti ripetere che si possono intraprendere anni di studi specifici con scarsi risultati o, al contrario, che è meglio lasciarsi guidare da "quell’impulso originario" che ti spinge a fare. Quest’ultimo era stato, giovane, il mio solo conforto -forse lo è tuttora- poiché sono nato e vissuto fra gente contadina e operaia la cui cultura si limitava a tradizioni, a comportamenti chiusi.

Quando finalmente potei dedicarmi liberamente alla “pittura” ebbi l’occasione di andare in altri Paesi. In Francia sono vissuto ed ho lavorato per cinque anni. Dal '60 al '74 ebbi la fortuna di incontrare e frequentare Cocteau, Delvaux, Cagli e De Chirico.

Essenziale fu per me conoscere a Torino, nel '72, Aldo Passoni vivamente interessato al mio lavoro. Fra di noi si instaurò un rapporto raro di stima ed amicizia reciproche, di sprone per la mia attività. Attorno agli anni '50 e nei primi anni ‘60 nei miei dipinti le figure si mostravano nitide e concise nei contorni, non prendevo in considerazione i dettagli tanto mi interessava la ricerca dell’insieme.

In seguito le immagini cominciarono a celarsi dietro "sipari" di veli di drappi di coperture surreali fino quasi a scomparire affiorando solo in alcune parti: una mano, un occhio, un volto... Arrivò poi il momento della ricomparsa di figure intere senza mascheramenti; con la perdita della naturalità si erano fatte forme-figure. Come conseguenza cambiai l’utilizzo del colore prima molto materico

Oggi sulle tele non accumulo materia, questa non deve più comparire ma non l’ho dimenticata. Ritorna infatti dopo anni in alcune opere eseguite con una tecnica particolare, io le chiamo rilievi dipinti.

I miei lavori nascono in modo imprevedibile da una frase sentita o da qualche cosa intravista camminando. Mi piace passeggiare mentre oggetti e pensieri fluttuano in un insieme indefinito; è il nucleo di un’idea intorno alla quale eseguirò diversi schizzi, magari sulla mitica scatola di fiammiferi e che riporterò poi su tele di uno o due metri. Visioni non esattamente progettate germogliano e crescono con i miei gesti.

Non mi interessa definire ciò che ottengo poichè temo il blocco e il limite del definito.
Nei dipinti rappresento spesso due oggetti che si possono considerare uniti oppure contrapposti. Il gioco risale all’anno '78 quando dipinsi il "Guerriero allo specchio" in cui la forma-figura riflettendosi si trasformava.

Un tempo avevo l’ambizione di riuscire a concludere un contenuto, di esaurire un’idea circoscrivendola in uno spazio determinato. Ora penso ed agisco diversamente: il tema si deve poter riprendere in più opere, con mutazioni che permettano di riproporre parti ed elementi appartenenti a periodi antecedenti.

Ora mi avvalgo della memoria.

Imer Guala
Milano 1989